Il 10 febbraio 1947 l’Italia firmava il trattato di pace di Parigi. Il diktat con il quale qualunque illusione di non essere considerata fra gli sconfitti della Seconda guerra mondiale venne dissolta. L’Italia rinunciava alla Venezia Giulia, a importanti passi alpini, alle colonie e al Dodecaneso, cedeva gran parte della flotta, ma – soprattutto – accettava uno status informale di nazione a sovranità limitata, cristallizzato nell’articolo 16, che proibiva al nostro paese di perseguire coloro che avevano tradito e complottato con i nemici perseguendo la sconfitta in guerra, e nelle parole di dura condanna pronunciate da Benedetto Croce in Assemblea Costituente. Un anniversario dimenticato in un imbarazzato silenzio.
Dal trattato di pace agli usi e costumi del ventennio precedente: come trattava i gay il regime fascista? Un analisi sulla curiosa maniera d’affrontare il problema tutto all’italiana: ignorandolo. Il tutto mentre oltralpe – e non solo negli Stati totalitari – essere omosessuali esponeva ai rigori della legge.
Una forma di tolleranza ben diversa dalla durezza con cui nell’età moderna venivano invece trattati i blasfemi e i bestemmiatori. Categorie che proprio dalle carte dei processi a loro carico scopriamo essere stata alquanto frequente, fantasiosa nel commettere i suoi crimini e diffusa anche fra coloro i quali meno ci si aspetterebbe l’imprecazione: i sacerdoti.
E ancora, il medioevo in giallo di Fausto Tanzarella intervistato sul suo ultimo romanzo storico ambientato a Siena e la strepitosa eliminazione del Liverpool nella primavera del 1965, per mano (anzi, piede) di Giacinto Facchetti, uno dei protagonisti della Grande Inter.
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