di Pierluigi Romeo di Colloredo
E’ poco ricordato, ma l’occupazione e le operazioni di controguerriglia in Balcania, come erano ufficialmente designati i territori ex jugoslavi, costituirono indubbiamente il più importante sforzo bellico del Regio Esercito nella Seconda guerra mondiale: 24 divisioni e tre brigate costiere svolsero compiti di occupazione e di controinsorgenza: per confronto nel 1940, in Libia c’erano 14 divisioni, nella terza battaglia di El Alamein dell’ottobre 1942 otto divisioni, sul fronte greco-albanese erano schierate 14 divisioni; l’Armata Italiana in Russia inquadrava 10 divisioni. Il fronte balcanico fu quindi il più difficile, caratterizzato da una guerra asimmetrica fatta di continue imboscate, rastrellamenti, stragi, massacri da una parte e dall’altra, fucilazioni, internamenti nei campi per civili come Arbe e Gonars, nel quadro più vasto di una feroce guerra civile di tutti contro tutti: comunisti di Tito, ustasha di Ante Pavelich, cetnici serbi, domobrançi sloveni, lotta caratterizzata da massacri come quello dell’intero III battaglione del 259° Reggimento Murge a Prozor, atrocità anche verso le popolazioni civili in vere e proprie pulizie etniche culminate nel dramma delle Foibe e poi di un regime tirannico e una dittatura comuniste crollate solo a inizio anni Novanta.
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