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Home|Novecento|Guerra!

Guerra!

€ 20,00

di Emilio Canevari

Un importante generale italiano della prima metà del Novecento, analizza uomini, idee e strategie degli alti comandi tedeschi dal ‘700 al Nazismo. Quale ruolo ha avuto l’esercito tedesco nelle crisi che la Germania ha attraversato nelle sue rivoluzioni, da Federico II all’ascesa di Hitler, e come si è creato il mito, rivelatosi fallace, della sua superiorità.

Oaks | pp. 234

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Categories: Nazismo, Novecento, Seconda guerra mondiale Tags: Adolf Hitler, Asse, esercito tedesco, Federico II di Prussia, Germania, nazismo, Prima guerra mondiale, seconda guerra mondiale, Secondo Reich, strategia militare, Terzo Reich, Wehrmacht, Weimar
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  • Storia in Rete n. 69 / 70 – luglio – agosto 2011 (pdf da scaricare subito)

    € 3,99
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    1943: mentre il mondo si avvia verso il culmine della guerra totale, c’è chi pensa alla pace. E la notizia sorprendente è che si tratta dei dittatori totalitari degli Stati belligeranti: Mussolini, Stalin ed anche Hitler. Una rete di contatti favorita dai giapponesi e dagli altri satelliti dell’Asse e finora negata o lasciata in ombra da una visione della Seconda guerra mondiale che somiglia più alla propaganda dell’epoca che non ad un’analisi storica seria. Ma i nuovi documenti diplomatici stanno consentendo di riscrivere in tre dimensioni le vicende dell’anno della svolta nel conflitto mondiale, come ci racconta un estratto da un approfondito saggio di Eugenio Di Rienzo ed Emilio Gin, preceduto da una lunga prefazione di Fabio Andriola.

    E ancora, il bluff della Marcia su Roma, un mito creato dai fascisti e dagli antifascisti per motivi opposti di opposte propagande. Poi un altro un passo indietro negli anni con un ampio servizio su Luigi Cadorna, il Generalissimo: il comune di Udine decide di togliere la piazza che gli era stata dedicata.Storia in Rete ha chiesto ad uno dei maggiori biografi del Generalissimo perchè questa decisione è antistorica. E sbagliata. Dalla Grande Guerra agli orrori della Guerra Fredda, quando le Superpotenze sperimentavano le atomiche in casa propria e sui propri cittadini e soldati, come gli USA in Nevada. Storia in Rete fa quindi un salto nel Rinascimento, con la vicenda di Isabella de’ Medici, che finora si credeva uccisa dal marito per gelosia, e con le teorie militari di Machiavelli, inascoltate in Italia ma applicate dagli eserciti spagnoli che dominarono i decenni a cavallo fra Cinque e Seicento. E proprio dal Secolo di Ferro parte una mostra a Villa D’Este sui “Battaglisti”, i pittori specializzati in scene di battaglia che fornivano all’Italia dei secoli della decadenza delle guerre da appendere al muro mentre le potenze europee si sfidavano in quelle vere.

    Tutto questo e molto altro su Storia in Rete di luglio e agosto!!

    GUARDA IL SOMMARIO DEL NUMERO 69-70 di STORIA IN RETE

     

     

     

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  • Mussolini e Hitler – Storia di una relazione pericolosa

    € 28,00
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    di Christian Goeschel

    Cosa rende interessante il libro di Goeschel? Il fatto che semplicemente contesta – senza tema di essere sospettato di flirtare con chissà chi o di essere un nostalgico di chissà cosa – un dogma dei nostri tempi: quello del collante eminentemente ideologico dell’alleanza tra Italia fascista e Germania nazista tra la seconda metà degli anni Trenta e la fine della guerra mondiale. Insomma, la categoria del nazi-fascismo. Ovviamente affermazioni che, al di là di tutto, sembrano dettate dal buon senso e dalla semplice analisi dei fatti, senza l’assillo di aggiornare ad ogni pagina l’elenco dei “Buoni e dei Cattivi”. Un esempio? Scrive Goeschel che «si capisce meglio la storia del rapporto fra Mussolini e Hitler se lo si vede come un’unione strumentale e una relazione costruita in chiave politica piuttosto che come un patto segnato ideologicamente, e quindi inevitabile, o come una vera amicizia». Un altro esempio? «Io sostengo che la storia dell’alleanza tra l’Italia fascista e la Germania nazista fu molto più complessa di quanto sia stato suggerito in opere recenti, secondo le quali l’alleanza fu motivata sostanzialmente dalla condivisione di una ideologia e da una riuscita cooperazione». E poi ancora, scrive Goeschel, ostinarsi a perseguire – come han fatto alcuni storici senza grandi risultati – un progetto teoretico (…) sul “minimo comun denominatore del fascismo” rischia di «travisare le complessità, le ambiguità e le tensioni all’interno dell’archetipico legame fascista fra Mussolini e Hitler». Del resto, come ammette sempre lo storico inglese, negli anni Trenta, già divise da indole delle popolazioni, interessi geopolitici e da storici pregiudizi, «l’Italia e la Germania avevano forti collegamenti con altri Stati, e un’alleanza italo-tedesca non era affatto ineluttabile». A determinarla non furono infatti le assonanze ideologiche – che anche Goeschel definisce “abbastanza superficiali” – ma alcune contingenze politico-diplomatiche.

    Laterza | pp. 465

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  • Così parlò Hitler

    € 18,00
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    di Fabrizio Dragosei

    «Hitler parlava molto e ci teneva a non essere equivocato. Aveva deciso di far stenografare ogni sua parola, in occasioni pubbliche e private. Migliaia e migliaia di pagine che venivano poi trascritte in varie copie e custodite in diversi archivi». La storia del nazismo e del Terzo Reich viene raccontata in questo libro attraverso le parole di Hitler: il progetto di Reich mondiale, altoatesini in Crimea, svizzeri a gestire gli alberghi, l’Est europeo trasformato in una grande colonia con città germaniche fortificate in mezzo a campagne abitate da milioni di schiavi. E ancora: la «Soluzione Finale», i commenti sugli alleati e sui nemici, la passione per le automobili e la conoscenza dei dettagli tecnici di aerei e carri armati. Infine, la guerra per la conquista del mondo secondo il Führer, così come emerge dall’analisi delle conversazioni pubbliche e private fatte stenografare puntualmente per anni. Ne esce un ritratto inedito e a tutto tondo del Führer arricchito anche dai documenti conservati negli archivi ex sovietici, messi a disposizione degli studiosi solo recentemente. Veniamo a sapere così che Stalin non scomparve affatto dal Cremlino all’indomani dell’attacco tedesco nel 1941 e che i sovietici avevano preparato i piani per un attacco preventivo alla Germania. Gli Alleati sapevano già nel 1939 del protocollo segreto aggiuntivo al patto Ribbentrop-Molotov e nel 1944 avevano foto aeree che mostravano lo smantellamento del campo di Auschwitz.

    Edizioni Mursia | pp. 352

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  • Hitler, il primo soldato

    € 26,00
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    di Stephen G. Fritz

    Dopo l’umiliante sconfitta della seconda guerra mondiale, molti generali tedeschi pubblicarono biografie e memorie in cui incolpavano il Führer e le sue decisioni impulsive per la crisi della leadership militare tedesca, in passato brillante. L’autore decostruisce la caricatura di un Hitler impreparato militarmente e sottolinea i tratti più coerenti ed efficaci della sua visione strategica dalla salita al potere alla fine della guerra.

    LEG | pp. 560

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  • On sale!

    La guerra di Hitler

    € 60,00 € 54,00
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    di David Irving

    L’opera più nota e controversa dello storico inglese David Irving che ricostruisce la storia della Germania dal ’37 al ’45 basandosi su una enorme mole di documenti originali. Un aspetto particolare di questo libro è che esso vede Adolf Hitler come essere umano, con i suoi difetti e i suoi pregi, con le sue colpe e i suoi meriti. Con semplicità e chiarezza, Irving presenta Hitler come lo vedevano, nelle grandi e nelle piccole faccende di ogni giorno, quanti gli erano vicini: generali e autisti, gerarchi del partito e stenografi, diplomatici e segretarie. Ciò che Irving si propone di sottolineare – ed è una posizione che ha contribuito alla sua emarginazione accademica – è il fatto che nessun dittatore, benché vigile, è in grado di controllare tutte le azioni dei subalterni; la stessa responsabilità dell’assurdo e brutale sterminio della popolazione ebraica ricade – sostiene lo storico inglese che per questo si è attirato numerose critiche – su un gran numero di tedeschi e non unicamente su un despota pazzo, ai cui ordini bisognava incondizionatamente sottostare. E’ quindi difficile individuare le motivazioni del successo di Hitler nel fortificare il carattere del suo popolo che in gran parte lo seguì fino alla fine, anche in mezzo ad una Germania in macerie.

    Edizioni: Settimo Sigillo | pp. 1.000 (copertina rigida e sovra copertina plastificata)

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  • Storia in Rete n. 52 – febbraio 2010 (pdf da scaricare subito)

    € 3,99
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    Storia in Rete di febbraio presenta ai lettori due esclusive inchieste sulle finanze segrete del Terzo Reich. La prima getta luce sui rapporti economici fra la Germania di Hitler e i grandi trust americani, in particolare attraverso una triade di banche che univa la famiglia Thyssen con Prescott Bush, nonno del presidente George W Bush. La seconda invece ripercorre le vicende ancora oscure dell’oro della Banca d’Italia trafugato dai nazisti nel 1943, portato a Fortezza (in Alto Adige) e poi fatto largamente sparire in Germania e banche svizzere. E ancora sui segreti del nazismo, la vexata quaestio sulla vera fine di Hitler: i resti a Mosca sono i suoi? Si suicidò o fuggì? Chiusa l’ampia parte dedicata alle vicende del Reich, si conclude l’analisi dei racconti di Montanelli sulla Finlandia, Mannerheim e un suo favoleggiato flirt nientemeno che con la futura regina d’Italia Elena del Montenegro. Storia in Rete presenta quindi Storiainfiera, la prima rassegna nazionale dedicata alla Storia: fra rievocazione, borghi antichi, cucina, il Bel Paese si racconta (e fa affari). E ancora, continua il racconto dell’avventura spaziale dell’Italia, a cura di Storia in Rete e dell’Agenzia Spaziale Italiana. Con un salto nel Barocco, il trecentesimo anniversario della nascita di Pergolesi permette di riscrivere la biografia del compositore de “la Serva Padrona”, mentre in Sicilia ci addentriamo fra i misteri oscuri dei Beati Paoli, i vendicatori del popolo di Palermo. Scienza e invenzioni, quindi: dallo scippo del telefono inventato autonomamente dagli italiani Meucci e Manzetti, alla bufala del “cronovisore”, che furoreggiò per qualche tempo sui giornali italiani degli anni Settanta. Storia in Rete anticipa quindi un capitolo di un nuovo saggio sulla storia di Fiume e – infine – inizia una collana di articoli dedicati alle figure dimenticate del nostro Risorgimento: prima puntata, Giuseppe Massari.  Tutto questo e molto altro su Storia in Rete di febbraio!

     

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    Edizioni: Settimo Sigillo | pp. 1.000 (copertina rigida e sovra copertina plastificata)

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  • Rommel. Ambiguità di un condottiero

    € 16,00
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    di Carlo De Risio

    Il cippo c’è ancora, piantato dagli Italiani, ai margini della strada litoranea: ”Mancò la fortuna non il valore – 111 chilometri da Alessandria”. Testimonianze attendibili assicurano che nostri motociclisti percorsero quei chilometri, il 30 giugno 1942, e raggiunsero la periferia della città egiziana affacciata sul Mediterraneo, mentre nell’interno si combatteva. Questo accadeva con i reparti della Ottava Armata britannica che rifluivano in disordine verso Oriente. Un mistero avvolge quelle ore cruciali del conflitto in Africa Settentrionale, a quasi ottant’anni dagli avvenimenti. Il generale Claude Auchinleck non seppe mai spiegarsi perché Rommel si fosse fermato, consentendo a rinforzi giunti dal lontano Iraq di imbastire una affrettata difesa. Sta di fatto che, dal mattino del 30 giugno e per intere ventiquattro ore, il cannone tacque davanti a El Alamein. Perché Rommel venne meno alla sua perentoria direttiva “In nessun caso deve essere lasciato al nemico di organizzarsi”? Che cosa passò per la mente della “volpe del deserto”? Da parte italiana, una motivazione di ordine morale e politico, non soltanto militare, aveva nel frattempo indotto Mussolini a precipitarsi in Libia, dopo che una parola d’ordine convenuta aveva annunciato che l’avanzata dell’Armata italo-tedesca era inarrestabile e che la conquista di Alessandria era imminente. Fino a quel momento, il vittorioso ciclo di operazioni era avvenuto col nome di Rommel sulla bocca di tutti: occorreva rimediare a questa univocità. Mussolini giunse a Derna nel tardo pomeriggio del 29 giugno, e Rommel ne fu ovviamente subito informato. All’ombroso neo Maresciallo, questa novità risultò poco gradita, interpretata nel senso che gli si volesse “rubare la scena” nell’entrata ad Alessandria data per scontata. Poco convincente, nelle sue annotazioni successive, perché rinunciò a “darci dentro”, sul fronte, senza por tempo in mezzo. Il Duce si fermò sulla “quarta sponda” fino al 20 luglio e varcò timidamente la frontiera con l’Egitto, a Sollum, senza spingersi a ridosso della prima linea. Per tutto questo tempo Rommel non prese in considerazione un incontro con Mussolini tra la sorpresa generale e con imbarazzo degl stessi Tedeschi. “Nessuno, – scrisse in seguito Auchinleck – e io meno degli altri, era in grado di dire se si poteva radunare e riorganizzare l’Armata in tempo per fermare Rommel e salvare l’Egitto. La cosa rimase in dubbio per almeno due settimane”. Il 30 agosto 1942, in quella che è passata alla storia come “la corsa dei sei giorni”, avvenne l’ultimo tentativo di aprirsi il passo in direzione di Alessandria, Il Cairo e il Canale di Suez. Ne risultò la meno convinta e meno decisa offensiva di tutta la campagna d’Africa, iniziata da Rommel, sospesa, ripresa, con disorientamento delle truppe dell’Armata corazzata, costrette alla fine a retrocedere sulla linea di partenza. Il Maresciallo, politicamente, era già “dall’altra parte”? Sospettato di aver preso parte, in qualche modo, al complotto e all’attentato contro Hitler (20 luglio 1944), quindi arrestato in convalescenza a Herrlingen (Ulma), venne costretto a scegliere fra un processo e il suicidio: scelse la seconda alternativa.

     

    IBN Editore | pp. 132

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  • IL PIANO MORGENTHAU

    € 32,00
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    di David Irving

    Storia di un genocidio mancato perché attuato solo in parte, tra il 1944-1945. Il libro – scritto da uno storico controverso per alcune sue dichiarazioni sull’Olocausto ma mai smentito su questo come su altri temi sempre relativi alla Seconda guerra mondiale – illustra come, per vendetta, per lucro e per facilitare l’espansione comunista in Europa si pensò di sterminare il popolo tedesco alla fine della Seconda guerra mondiale. In un piano ideato dal Ministro del Tesoro statunitense, Henry C. Morgenthau, gli Alleati immaginarono di ridurre allo stato “pastorizio” la Germania, riducendone drasticamente la popolazione e deindustrializzando il paese. Gli anglo-americani tagliarono la produzione di carburante, di trattori, di acciaio e di altri prodotti che erano stati essenziali per lo sforzo bellico. Tagliarono anche la produzione dei fertilizzanti dell’82%. Deprezzarono le esportazioni tedesche (che controllavano), e privarono i tedeschi del contante necessario per comprare il cibo. E una larga percentuale di giovani lavoratori di sesso maschile vennero tenuti per anni ai lavori forzati. Durante i sei mesi successivi alla fine della guerra, la produzione industriale tedesca crollò così del 75%. In Occidente, il piano per smantellare la capacità industriale della Germania iniziò nel quartier generale inglese del Generale Dwight Eisenhower nell’agosto del 1944. Incontratosi con Morgenthau, il Generale Eisenhower prescrisse per la Germania un trattamento che sarebbe stato “giusto e duro”, fornendo come spiegazione il fatto che “l’intera popolazione tedesca è un paranoide sintetico”. Morgenthau inviò una versione scritta del loro colloquio al presidente degli Stati Uniti Franklin Roosevelt e al primo ministro inglese Winston Churchill, quando i due si incontrarono a Quebec City nel Settembre del 1944. Il ministro degli esteri inglese Anthony Eden, il ministro degli esteri degli Stati Uniti Cordell Hull e il ministro della guerra degli Stati Uniti Henry L. Stimson protestarono tutti con vigore contro il Piano Morgenthau perché una Germania pastoralizzata non poteva nutrire sé stessa. Hull e Stimson dissero a Roosevelt che se il piano fosse stato attuato sarebbero morti 20 milioni di tedeschi. La maggior parte degli storici dice che il Piano Morgentau venne abbandonato dopo le proteste, ma lo stesso Morgenthau disse che venne in parte attuato come questo libro dimostra.

    Edizioni: Settimo Sigillo | pp. 312 (copertina rigida e sovracopertina plastificata)

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