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Home|Enigmi|Dove andava Matteotti?

Dove andava Matteotti?

€ 32,00

di Enrico Tiozzo

Su cosa avvenne davvero durante il sequestro di Giacomo Matteotti il 10 giugno 1924 si esercita da quasi un secolo un depistaggio sistematico da parte della storiografia, o per scarsa conoscenza dei documenti ufficiali o per spirito di parte. Tra i molti fatti, provati dai documenti ma regolarmente ignorati dagli storici, figurano il ruolo fondamentale svolto dall’austriaco Otto Thierschädl, che mise in guardia Matteotti fino a poche ore prima dell’aggressione, e quello della moglie del deputato che tacque per 24 ore sulla sparizione del marito. L’operazione di omissione e di insabbiamento si rafforzò nel corso dell’istruttoria svolta da due magistrati fortemente antifascisti, il cui intento principale era quello di arrivare all’arresto di Mussolini non solo come mandante ma addirittura come regista dei vari passaggi del delitto. L’occasione si presentava favorevole ai socialisti anche per sbarazzarsi della monarchia e possibilmente per ridimensionare il numero e il prestigio dei Carabinieri Reali. Filippo Turati, che conosceva bene i fatti, nei giorni successivi al sequestro gridò al miracolo nelle sue lettere alla Kuliscioff, scrivendo che il sacrificio di Matteotti segnava la fine del fascismo. Dal Secondo dopoguerra in avanti e per oltre settant’anni la morte di Matteotti è stata una delle armi più potenti della sinistra, e non solo in Italia, per sintetizzare tutta la crudeltà e la ferocia del fascismo e di Mussolini. Questa ricerca, basata sui documenti ufficiali, esamina il secolare depistaggio di un omicidio tanto tragico quanto non intenzionale e certamente non diretto né voluto da Mussolini, che peraltro se ne assunse l’intera responsabilità. sovietici.

Aracne | pp. 364

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Categories: Enigmi, Fascismo, Proposte del Mese Tags: antifascismo, Benito Mussolini, delitti politici, DelittoMatteotti, Enrico Tiozzo, Fascismo, Italia, Matteotti, squadrismo
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    Matteotti: sotto il delitto, niente! Questa la sconvolgente conclusione della monumentale inchiesta che da anni Enrico Tiozzo (università di Göteborg) sta portando avanti sul deputato socialista ucciso da una squadraccia fascista nel 1924. I complotti inglesi? Quelli sabaudi? Le lobby del petrolio e del gioco d’azzardo? L’ordine di Mussolini? I documenti “compromettenti” da far sparire? Le “denunce infuocate” che avrebbero segnato la sua “condanna a morte”? Niente di tutto questo ha una base reale. Tiozzo smantella per tabulas tutte le teorie accumulate negli ultimi 90 anni sulla tragica fine di Matteotti.

    L’anniversario dei 90 anni dà inoltre l’opportunità di riflettere su un altro aspetto di quegli anni tumultuosi: la nascita del regime fascista. E’ nel 1927, infatti, e non negli anni precedenti, che andrebbe cercata la “data di nascita” della dittatura, con il consolidarsi del giro di vite contro le opposizioni (dai partiti alla massoneria ai singoli dissidenti) che avrà il suo acme coi quattro attentati alla vita di Mussolini nel giro di pochi mesi.

    Con un balzo indietro, Storia in Rete di maggio torna sui temi bollenti del Risorgimento. E lo fa con una dettagliata “apologia” di Cialdini, generale figlio del suo tempo e oggi sottoposto a un linciaggio mediatico che si basa su tante “leggende nere” e imprecisioni. Poi, lo scontro fra Cavour e Garibaldi durante la conquista del Regno delle Due Sicilie, un apparente caos che tuttavia non riuscì a intaccare il destino di unità della Penisola tracciato oramai inesorabilmente. E infine un botta-e-risposta fra un lettore e Pino Aprile: una “giornata della Memoria” per i caduti del Risorgimento non avrà effetti divisivi sulla società italiana? Il dibattito continua.

    Dai temi contemporanei alla storia della religione: la scoperta nelle fonti arabe di notizie sul Mandylion di Edessa suggerisce con ancora più fondamento la genesi della Sindone di Torino da quell’antichissima reliquia conservata in Siria fin dall’inizio dell’era cristiana, e giunta in Europa passando per Costantinopoli. Poi, il centenario delle apparizioni di Fatima, uno degli eventi che ha segnato la storia del XX secolo.

    E ancora, la vita nella grigia Budapest del 1952, una caldaia sul punto di esplodere contro la dittatura comunista, nel racconto di David Irving finalmente tradotto e pubblicato in Italia; la Maginot italiana costruita a tempo di record sulle Alpi al confine con la Svizzera, la Linea Cadorna; il rapporto non sempre lineare fra l’umanità e l’acqua e il sapone, con “l’invenzione” moderna dell’igiene intima e della biancheria.

    Tutto questo e molto altro su Storia in Rete in edicola!!

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    Matteotti senza aureola – Il delitto

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    di Enrico Tiozzo

    Tiozzo ricostruisce ex novo antefatti e dinamica del delitto politico più noto del Novecento in Italia e separa nettamente la ricostruzione del crimine dalle interpretazioni che ne furono e ne vengono date. Le diverse “ragioni” che avrebbero armato la mano degli assassini – appartenenti allo squadrismo fascista – reggono se fosse provato al di là di ogni dubbio che essi uccisero perché l’avevano progettato e dovevano farlo. La questione è tutta lì. Qui viene riesaminata in un’opera necessariamente imponente. L’Autore ci ricorda che omicidio preterintenzionale e/o volontario non significa premeditato. Eppure quest’ultima fu e rimase l’interpretazione corrente del “delitto Matteotti”, con ripercussioni politiche e culturali devastanti per l’Italia. Purtroppo, mentre il corso della storia procede a segmenti sconnessi, tanti “storici” lo riducono a una linea continuativa, adattata ai loro schemi ideologici e propagandistici. Non è il caso di Tiozzo, che fa finalmente luce sul crimine più sciagurato e sfruttato del Novecento, un secolo fitto di delitti misteriosi, in gran parte inspiegati.

    Bastogi Libri | pp. 724

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  • Storia in Rete n. 104 – giugno 2014 (pdf da scaricare subito)

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    Novant’anni dopo il Delitto Matteotti cosa resta da scoprire su quell’oscura vicenda? Praticamente tutto: trame, retroscena, veri mandanti e perfino alcuni degli esecutori materiali restano nell’ombra. Storia in Rete di giugno prova a fare il punto sul primo delitto di Stato del XX secolo in Italia.
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    LEGGI IL SOMMARIO DEL NUMERO 104

     

     

     

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    di Enrico Tiozzo

    L’esecrabile uccisione di Giacomo Matteotti da parte di un pugno di delinquenti fascisti ha creato il mito del grande uomo politico, finissimo esperto di economia e in grado da solo di mettere in ginocchio il Fascismo con la forza delle sue argomentazioni. Ma quale fu veramente l’azione politica di Matteotti nei suoi cinque anni alla Camera? In realtà il deputato socialista fu un modesto politico, sordo alle opinioni altrui, insufficientemente preparato, verbalmente aggressivo, fortemente ostile più ai governi a guida liberale che a quello a guida fascista. Le sue proposte di legge e i suoi interventi in aula, che spesso suscitavano l’ilarità dei deputati, erano per lo più sconcertanti. Matteotti, fra le altre cose, proponeva di tassare il vino a seconda delle intenzioni (voluttuarie o meno) del consumatore, di acquistare il pane esibendo il passaporto, di convincere la popolazione a fumare sempre di più, di trasferire le eredità direttamente allo Stato, di bloccare la creazione di nuove Università, di smobilitare l’esercito, di ridurre dell’80% la forza pubblica, di negare il voto alle donne, di risolvere i problemi economici con una patrimoniale secca pari al 25% del Pil italiano. Si “documentava” leggendo oscuri giornali di provincia e non esibì mai un vero documento nelle sue interrogazioni alla Camera. Provocava ed insultava tutti i presidenti del Consiglio, da Nitti a Giolitti, da Bonomi a Facta, definendoli incompetenti e criminali. Questo studio esamina per la prima volta tutta l’attività politica di Matteotti negli anni del suo impegno alla Camera (1919–1924) e il suo libro del 1923, Un anno di dominazione fascista, giungendo a conclusioni che illuminano anche il quadro del delitto, al quale sarà dedicato il secondo volume dell’opera.

     

    STORIA IN RETE HA PARLATO DI QUESTO LIBRO NEL n. 120/2015

    Edizione: Aracne | pp. 384

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    di Franco Scalzo

    Uno dei delitti politici più noti del Novecento rivisto completamente sulla base di lunghe ricerche d’archivio: il Delitto Matteotti (10 giugno 1924) fu molto più di una vendetta squadrista contro un oppositore del governo di Mussolini non ancora divenuto Regime dittatoriale. Scalzo dimostra come all’interno del Partito Fascista ma in opposizione a Mussolini, si era formati circoli affaristici e oltranzisti che vedevano con ostilità, oltre a certe scelte di politica energetica ed economica (petrolio e case da gioco in primis), anche i tentativi del Duce di allargare la base del suo governo – uscito vittorioso dalle elezioni dell’aprile 1924 – ai socialisti moderati. Un “delitto fascista” quindi nel senso che fu portato a compimento da elementi fascisti (in un paio di casi però anche con strani e provati collegamenti con i servizi segreti dell’Unione sovietica) e ordinato da uomini dell’entourage del Capo del Governo (anche loro con documentati legami con ambienti affaristici e massonici) ma, nei fatti, realizzato con fini opposti ai progetti mussoliniani. Un apparente contraddizione che Scalzo documenta con documenti e una ricostruzione che rompe gli schemi della classica interpretazione del delitto Matteotti.

    Edizioni: Settimo Sigillo | pp. 264

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