E’ bene non farsi ingannare dal titolo perché la Lepanto della battaglia, quella che viene ricordata per aver sancito la vittoria dell’universo cristiano su quello musulmano rappresenta per Barbero una sorta di epilogo. Consigliabile è invece farsi rapire dagli anni che la precedettero perché è raro trovarsi in una vicenda così complessa e tanto ricca di particolari da spostare il baricentro del tema senza però sovvertirne i contenuti. L’autore si concentra infatti sin dalle prime pagine con notevole pertinacia e evidente acribia sui negoziati, sulla costruzione degli apparati militari e il conseguente investimento economico, sul reclutamento dei soldati raccontandoci retroscena che ricordano le epopee classiche. C’è molto di più: la costruzione delle galere, l’ingaggio dei rematori, la difficoltà nel trovare e ammassare il biscotto (cioè la cambusa) costituiscono la più cospicua parte del saggio permettendoci così di accedere inoltre ad una serie di sostantivi di uso non comune. Cosa è ad esempio l’arsile? Chi era il berlebey? E poi, chi erano i Visir e i molti pascià dell’impero turco? Come venivano reclutati? Si trattava della “raccolta” che serviva a cooptare bambini nei territori cristiani conquistati dall’Impero ottomano come modalità di fidelizzazione forzata allo scopo di costituire la classe di amministratori, militari e non solo. Quando Papa Pio V, forte dell’insistente notizia relativa all’uscita della flotta turca decise di formare una Lega con i principi cattolici per affrontare gli infedeli, gli sforzi costosissimi per armare le flotte vennero ampiamente sottovalutati. Errore che rese col passare del tempo la resistenza ancora più ardua. Dal 1568 al 1571 “La battaglia dei tre imperi” ci consente di riscoprire le più remote isole del Mediterraneo per il cui controllo le potenze si battevano. Fu la guerra di Cipro uno dei punti di svolta. L’isola, come un indice protratto con insistenza verso un oriente a cui sembrava voler appartenere, diventò l’epicentro di un sisma che arrivò sino a Lepanto sebbene con un’eco ben diversa da quella tramandata in occidente: Famagosta ritornò alle sue origini mentre i Visir persero la loro supremazia navale (a Lepanto). Turca ma sotto protettorato veneto dal 1480, Cipro era nelle mire del Sultano Alì Pascià da tempo, sia perché dall’isola i pirati cristiani depredavano le navi turche, sia per la distanza geografica dei suoi porti da Venezia. Dietro le quinte di uno “scontro tra civiltà”, Barbero mette in luce una triplice battaglia: quella interna alla cristianità quando vengono esclusi i príncipi protestanti dalla Lega; quella mossa da pregiudizi nei confronti degli ebrei (cacciati dalla Spagna nel 1492) che avevano costanti contatti e scambi a Costantinopoli, essendo al tempo stesso finanziatori e consulenti del sultano quindi considerati colpevoli della stessa guerra; quella infine, di Lepanto.
(di Veronica Arpaia – da «Storia In Rete» n. 91, maggio 2013)