Nella strategia della cancel culture l’anello debole della nostra storia dove colpire per inoculare la malattia anche in Italia è sicuramente il nostro passato coloniale. Un passato mistificato – anche da firme famose della divulgazione storica – vilipeso nell’insegnamento scolastico, considerato “straccione”, prima, e ora perfino al limite del genocida. Ma la storia del colonialismo italiano è molto differente da come la vogliono dipingere racconti frettolosi o tendenziosi. E che merita d’essere approfondito anche attraverso le parole dei popoli che hanno camminato per decenni insieme al nostro in questa avventura e che non erano così critici con il colonialismo come molti dei nostri avrebbero sperato. E come testimonia anche la continuità sostanziale che la politica italiana seguì verso “l’oltremare” dall’età liberale-giolittiana a quella fascista fino a molti decenni nel dopoguerra democratico. Dalle verità sul colonialismo a quelle su un mito della Guerra civile italiana: “Bella ciao”. E’ vero che fu la “canzone della Resistenza”? Oppure fu scritta nel dopoguerra e solo poi si costruì sulle sue note così simili a una canzonetta klezmer una vera e propria mitologia? Quindi, storia in tribunale: dal processo ai FAR del 1950, che vide alla sbarra anche il filosofo Julius Evola, alle perizie sugli esplosivi che hanno causato la Strage di Bologna del 2 agosto 1980, spiegate ai lettori di “Storia in Rete” dall’esperto Danilo Coppe, l’uomo che ha demolito il Ponte Morandi di Genova. Infine, quando Rommel “marcò visita” per lasciare il fronte africano e la storia ancestrale del cannibalismo: i nostri antenati dell’età della pietra lo praticavano per riempire la pancia o come forma di rituale magico-religioso?
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