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Iconoclastia

€ 16,00

di Emanuele Mastrangelo / Enrico Petrucci

Una grande inchiesta tra attualità e Storia. Un’ondata di iconoclastia sta travolgendo la civiltà occidentale. Alle sue radici la cancel culture nata negli ambienti colti dei radical chic e nei campus universitari USA. Così al grido delle parole d’ordine del «marxismo culturale» migliaia di monumenti finiscono nella polvere: quelli alla Confederazione, quelli a Colombo
e perfino ai Padri Fondatori degli Stati Uniti. L’infezione è arrivata anche in Europa, declinandosi in varie forme per ciascun paese: dall’antifranchismo della venticinquesima ora in Spagna all’attacco contro le chiese in Francia. E in Italia iniziano le prime avvisaglie di una pazzia collettiva che rischia di distruggere
nel nome del politicamente corretto l’intero patrimonio culturale. Un’emergenza alla quale è necessario far fronte subito, prima che sia troppo tardi.

Eclettica | pp. 400

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Categories: Proposte del Mese, Varie Tags: Cancel culture, Memoria storica, revisionismo storico, Stati Uniti, statue
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    I Canti del Littorio. Storia del Fascismo attraverso le canzoni.

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    di Emanuele Mastrangelo

    Il Fascismo forse più d’ogni altro fenomeno politico si è espresso attraverso il canto: dalle canzoni intonate fra le trincee della Grande Guerra a quelle gridate a squarciagola durante le “spedizioni punitive” della fase rivoluzionaria; dall’innodia delle iniziative di massa del Regime al vortice entusiastico di canzoni per l’impresa africana, per finire con il canto rabbioso e sentimentale del crepuscolo di Salò. Quello del Fascismo fu un canzoniere di popolo, di regime, colto: attraverso di esso si è espressa quasi un’intera nazione. Studiare i canzonieri del Fascismo vuol dire cercare di comprendere la mentalità, le idee, l’atteggiamento del popolo e delle elite nell’Italia del Ventennio. “Giovinezza” – “All’armi, siam fascisti!” – “Faccetta Nera” – “Le donne non ci vogliono più bene”… canti scritti da soldati per altri soldati, da squadristi per altri squadristi, da “fedeli” del Regime per altri “fedeli”, ma anche da italiani per altri italiani, in un periodo storico nel quale si era giunti quasi a far collimare la parola “italiano” con “fascista”.

    Edizione Lo Scarabeo  | pp. 264

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  • Storia in Rete 143 – 144 – Settembre / Ottobre 2017 (pdf da scaricare subito)

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    L’assalto globale alla Storia è il tema della lunga inchiesta di Storia in Rete in edicola. Dagli Stati Uniti, dove si abbattono le statue dei sudisti e si punta ora a Cristoforo Colombo (oltre che a Giovanna d’Arco, san Junipero, Washington e… Italo Balbo!), alla Spagna, dove è tabula rasa della memoria franchista, compresi i monumenti ai soldati italiani caduti durante la guerra civile spagnola. E poi c’è l’Europa orientale, dove a 30 anni dalla fine del Comunismo monta una nuova marea iconoclasta, la cui origine sembra più legata alle contingenze della politica estera che non alle esigenze della memoria storica… E in Italia? Anche qui tira una brutta aria, anche se i mezzi con cui si vorrebbe fare a pezzi la nostra storia sembrano diversi, e più subdolamente adatti allo spirito del nostro paese.

    Ma chi era l’uomo le cui statue sembrano rappresentare il principale obbiettivo della protesta “politicamente corretta” negli USA? Storia in Rete prosegue con un ritratto del generale Robert Lee, il comandante sudista che fu forse il soldato più rispettato e amato, anche dai suoi nemici, nella storia americana.

    E quindi, la provocazione. Pino Aprile riflette sulla situazione italiana, e lancia un sasso nello stagno: e se anche nel nostro paese cominciassimo a rivedere toponomastica e monumenti del periodo risorgimentale?

    Storia in Rete prosegue poi con il settantesimo della morte in esilio di Vittorio Emanuele III, un re la cui storia è ancora in attesa di un giudizio approfondito – ed equilibrato – da parte degli storici. Poi, storie dalle guerre civili del Novecento: quella in Italia fra “rossi” e “neri” dopo la fine della Grande Guerra, che anticipò per molti aspetti gli Anni di Piombo di mezzo secolo dopo, e quella in Spagna, coi massacri anti-cristiani commessi dalle forze repubblicane, forse la peggiore persecuzione religiosa nell’Occidente da secoli.

    E ancora, l’ascesa di Atatürk nella Turchia disfatta e invasa del 1919: un modernizzatore che seppe inventare per il proprio paese una via di sviluppo; Caravaggio e il vizio di attaccar briga, un vizio che lo perse, costringendolo a una fuga da Roma in contumacia, con le mani macchiate di sangue e una condanna a morte sulla testa; Knut Hamsun, il premio nobel norvegese che divenne uno scrittore maledetto per aver dichiarato la propria ammirazione per Adolf Hitler.

    Tutto questo e molto altro su Storia in Rete n. 143-144

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  • Wikipedia. L’enciclopedia libera e l’egemonia dell’informazione

    € 16,00
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    di Emanuele Mastrangelo & Enrico Petrucci

    Cosa avrebbe pensato George Orwell di Wikipedia? Il più grande progetto culturale collettivo di tutti i tempi è oramai una presenza costante nella vita di tutti noi. E ha potenzialità immense sulle quali, tuttavia, incombe l’ombra del Grande Fratello di «1984». La cricca del SocIng prenderà il potere all’interno di Wikipedia? Wikipedia diventerà il Ministero della Verità? Oppure, grazie a Wikipedia, il mondo – e l’Italia – saranno più liberi?
    Lo studio in questione, il cui sottotitolo L’enciclopedia libera e l’egemonia dell’informazione già contiene le linee direttrici che ne animano le riflessioni, espone la storia del progetto Wiki, dagli esordi fino agli ultimi sviluppi, ma anche la sua fenomenologia, i piani in cui è articolato e le regole a cui la stesura delle “voci” è sottoposta. È insomma un manualetto piuttosto utile, che svela ai “profani” i retroscena di una tra le fonti di informazione più utilizzate – anche se molti di quelli che vi attingono a piene mani negano a tutti i costi di esserci capitati, anche per sbaglio – e influenti.

    Edizioni: Bietti | pp. 390

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    di Anthony McCarten

    Eroe di guerra. Patriota. Ubriacone. Imperialista. Politico. Depresso. Scrittore. Visionario. Aristocratico. Voltagabbana. Pittore. Nel maggio del 1940 queste erano solo alcune delle «credenziali» con cui Winston Spencer Churchill si presentava alla Camera dei Comuni per assumere l’incarico di primo ministro del Regno Unito. La nazione era in guerra da otto mesi e le cose non stavano andando affatto bene. Più che un nuovo capo del governo, il paese invocava un condottiero, e pochi, in quei giorni cupi, avrebbero scommesso sull’ormai sessantacinquenne primo lord dell’Ammiragliato. Bastarono invece quattro settimane perché i sudditi di Sua Maestà scoprissero in lui il grande leader, l’uomo capace di commuovere e spronare, il comandante in grado di salvare l’esercito britannico dalla catastrofe di Dunkerque e di decidere così le sorti del conflitto. Eppure, nei giorni drammatici in cui le inarrestabili armate tedesche si impossessavano dell’Europa occidentale e sembravano pronte a sferrare il colpo finale contro la Gran Bretagna, nella sala del Gabinetto di guerra Churchill meditava seriamente sulla possibilità di avviare trattative di pace con Hitler e con l’Italia. Ma fino a che punto il leader britannico si spinse sulla via di un accordo con le potenze dell’Asse? Fino a un punto pericoloso, come sembrano rivelare i verbali delle riunioni del Gabinetto di guerra conservati presso i National Archives di Londra e rimasti per decenni secretati. In quelle ore fatali di incertezza ed esitazione, Churchill – in contraddizione con la sua immagine pubblica – parve davvero a un passo dal prendere una decisione che avrebbe cambiato i destini del mondo. Perché non lo fece?

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    di Giano Accame

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    Oaks editrice | pp. 442

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  • I vinti della liberazione

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    di Paul Sérant

    Cosa accadde in Europa Occidentale al termine della Seconda Guerra Mondiale? Lo scrittore Paul Sérant riapre una pagina di storia dimenticata, allo scopo di riportare l’attenzione sull’epurazione avvenuta in Europa Occidentale e sulla repressione politica che fu messa in atto in diverse nazioni al termine del conflitto più sanguinoso che l’umanità abbia mai conosciuto. Attraverso una precisa ricostruzione dei fatti, Sérant ricorda che la fine di una guerra non coincide mai con la firma di trattato o con una data stampata su libro di storia.

    Paul Sérant (Parigi 1922 – Avranches 2002), durante l’occupazione tedesca partecipa alla Resistenza, e dopo la guerra collabora al servizio estero la BBC. Giornalista e scrittore, è un apprezzato studioso di esoterismo, argomento sul quale scriverà importanti saggi dedicati a Guénon e al pensiero tradizionalista.

    Orientale.

    Oaks editrice | pp. 408

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