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Quando inizia la nostra Storia

€ 13,00

di Federico Rampini

La storia è maestra di vita: è urgente riscoprirla come guida. Che cosa lega l’invenzione della stampa moderna (Gutenberg) nel 1450, la Riforma protestante di Lutero e quel primo esperimento di globalizzazione che furono le grandi esplorazioni navali? È possibile paragonare Facebook o Instagram alle altre rivoluzioni della comunicazione? Che distanza c’è tra quella età del caos che chiamiamo Rinascimento, i suoi Savonarola, e i populismi di oggi? E perché la riscoperta dello Stato-nazione ci sembra un regresso, mentre con la Pace di Vestfalia fu un approdo di stabilità? Dopo “Le linee rosse”, in cui ha guidato i lettori alla decifrazione del mondo attuale usando le mappe, Rampini applica lo stesso metodo alla storia, giocando con alcune date-chiave per fare luce sui sorprendenti legami tra eventi epocali del passato e il nostro presente. La nascita nel 1600 della Compagnia delle Indie, azienda privata a cui l’Inghilterra assegna il grosso del suo impero, in queste pagine diventa l’inizio di una storia del capitalismo che si dipana fino al crac di Lehman e alla grande crisi del 2008 da cui non siamo ancora usciti. La guerra dell’oppio (1840) spiega lo spirito di rivincita che anima oggi la Cina. Il 1869 vede la nascita del Canale di Suez, che ispira “Il giro del mondo in ottanta giorni” di Jules Verne: non solo un romanzo d’avventura, ma l’avvento del globalismo come ideologia. In tema d’immigrazione, si parte dal 1870: la Grande Fame degli irlandesi e quello che, secondo Marx, dovrebbe insegnarci. Il 1948 segna la fine dell’impero britannico e della sua pretesa di fagocitare quello ottomano: una vicenda di cui settant’anni dopo la questione israelo-palestinese porta ancora le cicatrici. Esplorando gli anni 1963-67, riaffiora la terribile e seducente eredità del lungo Sessantotto americano, l’inizio di quella «guerra civile sui valori» tuttora in corso. L’incontro di Nixon con Mao Zedong nel 1972 innesca una reazione a catena che sfocia nel protezionismo di Donald Trump. E l’anno 1979 concentra tre eventi formidabili: la rivoluzione degli ayatollah in Iran, la svolta reazionaria dell’Arabia Saudita, l’invasione sovietica in Afghanistan, un triangolo dove viene piantato il seme degli islamismi moderni. Anche questo libro di Rampini non nasce «a tavolino». Le letture del passato si fondono con i racconti dei suoi viaggi di nomade globale – dalla profonda provincia americana che ha votato Trump al cuore islamico di Harlem, dall’Iran a Israele e alla Palestina – e con la sua vita in Cina o nella Silicon Valley californiana. L’avventura a ritroso nel tempo finisce per diventare una sorta di specchio magico. Così acquistano nuovi contorni e significati, e la giusta profondità, le cose da lui viste da testimone in prima fila: luoghi e personaggi, vertici internazionali e scontri tra leader che tentano di imprimere alla storia il loro segno.

 

Oscar Mondadori | pp. 444

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Categories: Novecento, Varie, Proposte del Mese Tags: Canale Suez, Cina, Compagnia delle Indie, Grande fame irlandese, Iran, Israele, Jules Verne, Mao Tse Dong, Nixon, Pace di Westfalia, Rampini, storia mondiale, Trump, Usa
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    Tutto questo e molto altro su Storia in Rete di aprile 2009

    LEGGI IL SOMMARIO DEL NUMERO 42

     

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    di Ashoka Mody

    L’euro è il più grande esperimento di politica monetaria di tutti i tempi. Nonostante gli avvertimenti di molti importanti economisti che fin dall’inizio ne avevano denunciato le criticità, i leader europei hanno portato avanti il progetto animati dall’ ideologia dell’integrazione, convinti che le economie dei diversi paesi avrebbero presto iniziato a convergere. Al contrario, gli eventi degli ultimi anni hanno rivelato che l’adozione della moneta unica ha finito per acuire le differenze all’interno dell’Eurozona, con un centro sempre più ricco e una periferia lasciata indietro. Ashoka Mody è un  importante economista di origine indiana e sa quindi di cosa parla: ha ricostruito la storia dell’Euro e rivela che fin dall’inizio si capiva che non avrebbe mai funzionato, che alcune nazioni ne avrebbero tratto vantaggio a scapito di altre e che l’unità europea avrebbe fatto meglio a seguire altre strade. Mody  racconta la storia dell’euro tramite le parole e le decisioni dei protagonisti, da Pompidou a Mitterrand, da Kohl a Merkel, da Trichet a Draghi. Attraverso una rigorosa analisi economica, unita a uno stile personale e ironico, ci rende spettatori di una tragedia che va in scena da oltre mezzo secolo: dai primi dibattiti degli anni Sessanta fino alla crisi del Coronavirus, a cui l’autore dedica la Prefazione dell’edizione italiana. Scopriamo, così, come l’architettura di un progetto incompleto e disfunzionale si sia mostrata nel tempo sempre più fragile. Difficile allora non dubitare dell’utilità della moneta unica, soprattutto per l’Italia, «anello debole» dell’Eurozona. Mody dimostra, carte e date alla mano, come in pochi decenni il progetto della moneta unica europea da sogno si sia tramutata in un incubo. Ma un pugno di politici, economisti e intellettuali, insensibili alla volontà popolare, hanno deciso di andare avanti lo stesso. In nome di un’ideologia sempre più elitaria e lontana dalla realtà. Un libro importante, lucido, documentato che racconta una storia molto triste, anzi disperata

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