Search

“Non ho tradito” – Memorie dal carcere

di Pierre Laval

Il memoriale difensivo scritto in carcere prima di essere condannato a morte e giustiziato dell’ex primo ministro francese Pierre Laval alla fine della Seconda guerra mondiale. Come ha scritto Aldo G. Ricci su “Storia In Rete” n. 186 /gennaio 2022: “La storia, come è noto, la scrivono i vincitori. E anche l’amministrazione della giustizia sui vinti è di loro pertinenza. Da Vercingetorige a Napoleone le conferme sono infinite. La versione dei vinti ha bisogno di tempo per emergere e a volte non emerge mai. Da questo punto di vista non si può non salutare con favore la pubblicazione del memoriale che Pierre Laval, primo ministro della Repubblica di Vichy dal 1942 al 1944, durante l’occupazione tedesca della Francia, scrisse in carcere tra agosto e settembre del 1945, in attesa di quel processo che l’avrebbe condannato a morte e dove non poté esporre le ragioni a sua difesa ricostruite minuziosamente proprio in questo memoriale. Un processo “vergognoso” come lo definì l’ambasciatore americano a Parigi, Jefferson Carrey, “per la mancanza di dignità del presidente di questo Tribunale speciale e la parzialità irritante mostrata dai giurati”, come ricorda Luca Gallesi nell’introduzione al volume. Il 15 ottobre Laval fu fucilato dopo che il generale De Gaulle rifiutò di concedergli la grazia, diversamente da quanto avvenne invece per il Presidente della Repubblica di Vichy, il maresciallo Pétain, sia per i meriti da lui acquisiti nella Grande Guerra (era il ‘vincitore di Verdun’), sia per l’età avanzata (aveva 89 anni nel 1945). Il nodo degli avvenimenti che ruotano intorno a Vichy si strinse nel giugno del 1940 quando, dopo la sconfitta dell’esercito francese da parte delle truppe tedesche, il governo francese, anche per iniziativa di Laval, scelse la strada dell’armistizio e non quella della capitolazione, come avrebbe preferito De Gaulle per proseguire il conflitto nelle colonie oltremare. La capitolazione avrebbe comportato l’occupazione totale del Paese, mettendo tutta la popolazione alla mercé dei tedeschi; l’armistizio prevedeva invece una Francia dimezzata, con una parte occupata e un’altra formalmente libera, ma costretta, più o meno volentieri a una collaborazione con la Germania nazista. Una collaborazione che si fece, strada facendo sempre più stretta e pesante con tributi pesanti e persecuzioni di ebrei e antifascisti. Laval e Pétain scelsero la strada dell’armistizio pensando di svolgere comunque un ruolo di protezione della popolazione francese e del Paese, come spiega lo stesso Laval in queste pagine. La stessa motivazione, a ben vedere, con cui Mussolini, in un contesto completamente diverso, decise di guidare la Repubblica Sociale Italiana per evitare la ‘polonizzazione della penisola’. “L’onore, scrive Laval, si trova dovunque, sotto qualsiasi forma si lavori per difendere gli interessi della patria”. Un dilemma angosciante che rende la lettura di queste pagine, quale che sia il giudizio su questo capitolo della Storia, altamente drammatica e in ogni caso istruttiva. Questo libro documenta in modo unico il lato umano di combattenti giapponesi prima di morire, in combattimento, in ospedale o sul patibolo. Testi a volte ingenui ma sempre commoventi. Non nascondono le atrocità compiute né l’ottusità o l’intolleranza della casta militare nipponica. Quelle lettere mostrano senza veli e reticenze la realtà umana e dolorante che stava dietro la facciata di un paese lontano e quasi mitico, la realtà di una gioventù che – attraverso le prove sofferte – prende coscienza dei grandi valori: il rispetto dell’individuo, la libertà, la fraternità, l’onore.

Oaks editrice | pp. 350

 25,00

CONDIVIDI

Prodotti Correlati

Iscriviti alla nostra Newsletter

Iscriviti per restare sempre aggiornato sulle novità in uscita e ricevere informazioni e notizie sul mondo di Libreria di Storia.