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Come la storia italiana deve fare i conti con la Cancel Culture

Dai simboli del fascismo ai segni lasciati dal colonialismo, dalla toponomastica al cinema e alla letteratura fino a ricorrenze del calendario civile come il Giorno del Ricordo: sull’esempio delle proteste americane, anche in Italia si è diffusa un’ondata di revisionismo nei confronti di protagonisti e avvenimenti del passato considerati politicamente scorretti. Un’indignazione che chiede la cancellazione di targhe stradali, memorie, film, dipinti che non rispondono ai canoni etici attuali. I Sentinelli e altri gruppi, versione italiana dei social justice warrior, attaccano le statue che rimandano a capitoli di storia controversi e a personaggi che hanno agito secondo lo spirito del tempo cui appartenevano. Ma le conseguenze talvolta sono paradossali. Dino Messina racconta in “La storia cancellata degli italiani” (Solferino, pp. 256, € 17,00), un saggio ricco di storie e polemiche, gli eccessi e i rischi di questa mano di vernice rossa con cui si vogliono imbrattare la statua di Indro Montanelli ai giardini comunali di Milano, l’architettura dell’Eur e molte altre tracce del nostro passato. Se si è arrivati a correggere opere artistiche rinascimentali, e a censurare la Commedia di Dante, che fare allora della statua dei «Quattro Mori» a Livorno o di quella dell’esploratore Vittorio Bottego davanti alla stazione di Parma? I neoborbonici propongono di chiudere il museo dedicato al «razzista» Cesare Lombroso e «disarcionare» il generale Enrico Cialdini. Ma le asperità del passato non si possono nascondere e la complessità della storia non obbedisce alle ipersensibilità del presente.

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