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Home|Novecento|Processo a Norimberga
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Processo a Norimberga

€ 20,00

di Hans Fritzsche

I ricordi, l’autodifesa e il memoriale di uno dei più importanti funzionari nazionalsocialisti – funzionario non gerarca o dirigente – dagli anni trenta fino al drammatico epilogo dell’aprile-maggio 1945. Fritzsche è stato la “voce” del Nazismo con la sua trasmissione settimanale alla radio, ha controllato per anni la stampa interna e tenuto i rapporti con quella estera: tuttavia era “solo” uno dei collaboratori di Joseph Goebbels e, tanto per dirne una, incontrò personalmente Hitler pochissime volte. Questo non lo esentò dal finire a Norimberga dove però fu assolto. Forse anche alle argomentazioni che svolse e che questo libro raccoglie insieme ad una incredibile e avvincente serie di ricordi e aneddoti che aprono varchi poco noti nella storia del nazismo, delle sue dinamiche interne e del suo drammatico e confuso epilogo. Prefazione di Marco Cimmino.

Oaks editrice | pp. 306

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Categories: Novecento, Seconda guerra mondiale, Nazismo, Proposte del Mese Tags: 1945, Adolf Hitler, anni Trenta, Fritzsche, Germania, giornalismo, Goebbels, nazismo, Norimberga, processo Norimberga, propaganda, seconda guerra mondiale, testimonianze
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  • La resa dei conti con Hitler

    € 22,00
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    di Hjalmar Schacht

    Hjalmar Schacht è stato un personaggio tutto sommato ambiguo e nelle sue memorie ha tentato di ribaltare questa ambiguità rivendicando una forte opposizione al Nazismo ma dall’interno. In effetti, Schacht non fu mai un nazista anche se è stato a lungo ministro delle Finanze tedesco e ancor di più presidente della Banca centrale, la Reichsbank. Ma fu – e lui rivendica questo ruolo – soprattutto un “tecnico” in quanto economista e banchiere di livello internazionale. Certo, ebbe la sua parte nella ascesa economica della Germania dal 1933, contribuendo così di fatti al tanto famigerato “riarmo” tedesco, ma in questo libro pieno di risvolti poco noti e di aneddoti interessanti, Schacht sostiene di aver sostanzialmente “frenato” il Nazismo finché fu al suo posto, cioé fino all’inizio del 1939. Poi fu emarginato e, ad un certo punto, anche arrestato. La sua ambiguità è ben rappresentata dal suo destino nell’immediato dopoguerra: da una parte finì a Norimberga, imputato con i massimi dirigenti del nazionalsocialismo. Ma fu anche uno dei pochissimi che venne assolto da ogni imputazione. Un libro da leggere per le mille notizie che dà nonostante il fastidioso ed enorme “senso di sé” che l’autore mette in ogni pagina…

     

    Res Gestae | pp. 306

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  • Mussolini e Hitler – Storia di una relazione pericolosa

    € 28,00
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    di Christian Goeschel

    Cosa rende interessante il libro di Goeschel? Il fatto che semplicemente contesta – senza tema di essere sospettato di flirtare con chissà chi o di essere un nostalgico di chissà cosa – un dogma dei nostri tempi: quello del collante eminentemente ideologico dell’alleanza tra Italia fascista e Germania nazista tra la seconda metà degli anni Trenta e la fine della guerra mondiale. Insomma, la categoria del nazi-fascismo. Ovviamente affermazioni che, al di là di tutto, sembrano dettate dal buon senso e dalla semplice analisi dei fatti, senza l’assillo di aggiornare ad ogni pagina l’elenco dei “Buoni e dei Cattivi”. Un esempio? Scrive Goeschel che «si capisce meglio la storia del rapporto fra Mussolini e Hitler se lo si vede come un’unione strumentale e una relazione costruita in chiave politica piuttosto che come un patto segnato ideologicamente, e quindi inevitabile, o come una vera amicizia». Un altro esempio? «Io sostengo che la storia dell’alleanza tra l’Italia fascista e la Germania nazista fu molto più complessa di quanto sia stato suggerito in opere recenti, secondo le quali l’alleanza fu motivata sostanzialmente dalla condivisione di una ideologia e da una riuscita cooperazione». E poi ancora, scrive Goeschel, ostinarsi a perseguire – come han fatto alcuni storici senza grandi risultati – un progetto teoretico (…) sul “minimo comun denominatore del fascismo” rischia di «travisare le complessità, le ambiguità e le tensioni all’interno dell’archetipico legame fascista fra Mussolini e Hitler». Del resto, come ammette sempre lo storico inglese, negli anni Trenta, già divise da indole delle popolazioni, interessi geopolitici e da storici pregiudizi, «l’Italia e la Germania avevano forti collegamenti con altri Stati, e un’alleanza italo-tedesca non era affatto ineluttabile». A determinarla non furono infatti le assonanze ideologiche – che anche Goeschel definisce “abbastanza superficiali” – ma alcune contingenze politico-diplomatiche.

    Laterza | pp. 465

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  • La grande fuga – Il massacro dei tedeschi orientali

    € 28,00
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    di Jürgen Thorwald

    Jurgen Thorwald prestava servizio nella marina tedesca quando le truppe sovietiche sferrarono l’offensiva che dalla Vistola li condusse fino al fiume Elba, dove si ricongiunsero agli Alleati. Thorwald mette da parte la prospettiva storico-militare e la glorificazione dei vincitori per concentrarsi sulle sorti, spesso tragiche, degli individui. Un’opera che è diventata un classico sul crollo della Germania Orientale.

    Oaks editrice | pp. 731

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  • IL PIANO MORGENTHAU

    € 32,00
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    di David Irving

    Storia di un genocidio mancato perché attuato solo in parte, tra il 1944-1945. Il libro – scritto da uno storico controverso per alcune sue dichiarazioni sull’Olocausto ma mai smentito su questo come su altri temi sempre relativi alla Seconda guerra mondiale – illustra come, per vendetta, per lucro e per facilitare l’espansione comunista in Europa si pensò di sterminare il popolo tedesco alla fine della Seconda guerra mondiale. In un piano ideato dal Ministro del Tesoro statunitense, Henry C. Morgenthau, gli Alleati immaginarono di ridurre allo stato “pastorizio” la Germania, riducendone drasticamente la popolazione e deindustrializzando il paese. Gli anglo-americani tagliarono la produzione di carburante, di trattori, di acciaio e di altri prodotti che erano stati essenziali per lo sforzo bellico. Tagliarono anche la produzione dei fertilizzanti dell’82%. Deprezzarono le esportazioni tedesche (che controllavano), e privarono i tedeschi del contante necessario per comprare il cibo. E una larga percentuale di giovani lavoratori di sesso maschile vennero tenuti per anni ai lavori forzati. Durante i sei mesi successivi alla fine della guerra, la produzione industriale tedesca crollò così del 75%. In Occidente, il piano per smantellare la capacità industriale della Germania iniziò nel quartier generale inglese del Generale Dwight Eisenhower nell’agosto del 1944. Incontratosi con Morgenthau, il Generale Eisenhower prescrisse per la Germania un trattamento che sarebbe stato “giusto e duro”, fornendo come spiegazione il fatto che “l’intera popolazione tedesca è un paranoide sintetico”. Morgenthau inviò una versione scritta del loro colloquio al presidente degli Stati Uniti Franklin Roosevelt e al primo ministro inglese Winston Churchill, quando i due si incontrarono a Quebec City nel Settembre del 1944. Il ministro degli esteri inglese Anthony Eden, il ministro degli esteri degli Stati Uniti Cordell Hull e il ministro della guerra degli Stati Uniti Henry L. Stimson protestarono tutti con vigore contro il Piano Morgenthau perché una Germania pastoralizzata non poteva nutrire sé stessa. Hull e Stimson dissero a Roosevelt che se il piano fosse stato attuato sarebbero morti 20 milioni di tedeschi. La maggior parte degli storici dice che il Piano Morgentau venne abbandonato dopo le proteste, ma lo stesso Morgenthau disse che venne in parte attuato come questo libro dimostra.

    Edizioni: Settimo Sigillo | pp. 312 (copertina rigida e sovracopertina plastificata)

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  • Storia in Rete 121-122 – Novembre / Dicembre 2015 (pdf da scaricare subito)

    € 3,99
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    Il mistero della fine di Hitler, il problema dell’identità nazionale, un inchiesta sul degrado del Museo della Civiltà Romana di Roma, l’eredità della Francia di Vichy e i giochi di guerra. Ecco alcuni dei temi su cui si concentra Storia in Rete di fine 2015. Un numero denso che apre a partire dallo spunto di un nuovo documentario sulla presunta fuga di Hitler in Sudamerica per passare all’Operazione Barbarossa. Quindi si torna in Italia, con la cronaca dell’ennesimo scandalo capitolino: quello del Museo della Civiltà Romana, chiuso da due anni e destinato a restare tale per chissà quanti anni ancora.
    E dalle cronache di ordinario degrado a quelle della perdita di identità in Italia e in Europa: l’immigrazione come arma di distruzione di massa, la perdita del senso del sé in Europa e l’ottimismo di Marcello Veneziani sul destino dell’Italia dal suo ultimo libro, “Lettera agli italiani”.
    I rapporti controversi fra i tre anni della Repubblica di Vichy e la Francia contemporanea è quindi il tema successivo su cui si sofferma Storia in Rete, per poi concludere la vicenda dello scontro fra Italia e Austria-Ungheria con la vittoria del 1919, trionfo pagato a caro prezzo dal Bel Paese. Infine, i giochi di guerra: dagli scacchi a Risiko, come la simulazione a tavolino diventa uno strumento per capire meglio la Storia. Tutto questo e molto altro su Storia in Rete di novembre-dicembre!!

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  • On sale!

    La guerra di Hitler

    € 60,00 € 54,00
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    di David Irving

    L’opera più nota e controversa dello storico inglese David Irving che ricostruisce la storia della Germania dal ’37 al ’45 basandosi su una enorme mole di documenti originali. Un aspetto particolare di questo libro è che esso vede Adolf Hitler come essere umano, con i suoi difetti e i suoi pregi, con le sue colpe e i suoi meriti. Con semplicità e chiarezza, Irving presenta Hitler come lo vedevano, nelle grandi e nelle piccole faccende di ogni giorno, quanti gli erano vicini: generali e autisti, gerarchi del partito e stenografi, diplomatici e segretarie. Ciò che Irving si propone di sottolineare – ed è una posizione che ha contribuito alla sua emarginazione accademica – è il fatto che nessun dittatore, benché vigile, è in grado di controllare tutte le azioni dei subalterni; la stessa responsabilità dell’assurdo e brutale sterminio della popolazione ebraica ricade – sostiene lo storico inglese che per questo si è attirato numerose critiche – su un gran numero di tedeschi e non unicamente su un despota pazzo, ai cui ordini bisognava incondizionatamente sottostare. E’ quindi difficile individuare le motivazioni del successo di Hitler nel fortificare il carattere del suo popolo che in gran parte lo seguì fino alla fine, anche in mezzo ad una Germania in macerie.

    Edizioni: Settimo Sigillo | pp. 1.000 (copertina rigida e sovra copertina plastificata)

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  • Storia in Rete n. 69 / 70 – luglio – agosto 2011 (pdf da scaricare subito)

    € 3,99
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    1943: mentre il mondo si avvia verso il culmine della guerra totale, c’è chi pensa alla pace. E la notizia sorprendente è che si tratta dei dittatori totalitari degli Stati belligeranti: Mussolini, Stalin ed anche Hitler. Una rete di contatti favorita dai giapponesi e dagli altri satelliti dell’Asse e finora negata o lasciata in ombra da una visione della Seconda guerra mondiale che somiglia più alla propaganda dell’epoca che non ad un’analisi storica seria. Ma i nuovi documenti diplomatici stanno consentendo di riscrivere in tre dimensioni le vicende dell’anno della svolta nel conflitto mondiale, come ci racconta un estratto da un approfondito saggio di Eugenio Di Rienzo ed Emilio Gin, preceduto da una lunga prefazione di Fabio Andriola.

    E ancora, il bluff della Marcia su Roma, un mito creato dai fascisti e dagli antifascisti per motivi opposti di opposte propagande. Poi un altro un passo indietro negli anni con un ampio servizio su Luigi Cadorna, il Generalissimo: il comune di Udine decide di togliere la piazza che gli era stata dedicata.Storia in Rete ha chiesto ad uno dei maggiori biografi del Generalissimo perchè questa decisione è antistorica. E sbagliata. Dalla Grande Guerra agli orrori della Guerra Fredda, quando le Superpotenze sperimentavano le atomiche in casa propria e sui propri cittadini e soldati, come gli USA in Nevada. Storia in Rete fa quindi un salto nel Rinascimento, con la vicenda di Isabella de’ Medici, che finora si credeva uccisa dal marito per gelosia, e con le teorie militari di Machiavelli, inascoltate in Italia ma applicate dagli eserciti spagnoli che dominarono i decenni a cavallo fra Cinque e Seicento. E proprio dal Secolo di Ferro parte una mostra a Villa D’Este sui “Battaglisti”, i pittori specializzati in scene di battaglia che fornivano all’Italia dei secoli della decadenza delle guerre da appendere al muro mentre le potenze europee si sfidavano in quelle vere.

    Tutto questo e molto altro su Storia in Rete di luglio e agosto!!

    GUARDA IL SOMMARIO DEL NUMERO 69-70 di STORIA IN RETE

     

     

     

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  • Storia in Rete n. 52 – febbraio 2010 (pdf da scaricare subito)

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    Storia in Rete di febbraio presenta ai lettori due esclusive inchieste sulle finanze segrete del Terzo Reich. La prima getta luce sui rapporti economici fra la Germania di Hitler e i grandi trust americani, in particolare attraverso una triade di banche che univa la famiglia Thyssen con Prescott Bush, nonno del presidente George W Bush. La seconda invece ripercorre le vicende ancora oscure dell’oro della Banca d’Italia trafugato dai nazisti nel 1943, portato a Fortezza (in Alto Adige) e poi fatto largamente sparire in Germania e banche svizzere. E ancora sui segreti del nazismo, la vexata quaestio sulla vera fine di Hitler: i resti a Mosca sono i suoi? Si suicidò o fuggì? Chiusa l’ampia parte dedicata alle vicende del Reich, si conclude l’analisi dei racconti di Montanelli sulla Finlandia, Mannerheim e un suo favoleggiato flirt nientemeno che con la futura regina d’Italia Elena del Montenegro. Storia in Rete presenta quindi Storiainfiera, la prima rassegna nazionale dedicata alla Storia: fra rievocazione, borghi antichi, cucina, il Bel Paese si racconta (e fa affari). E ancora, continua il racconto dell’avventura spaziale dell’Italia, a cura di Storia in Rete e dell’Agenzia Spaziale Italiana. Con un salto nel Barocco, il trecentesimo anniversario della nascita di Pergolesi permette di riscrivere la biografia del compositore de “la Serva Padrona”, mentre in Sicilia ci addentriamo fra i misteri oscuri dei Beati Paoli, i vendicatori del popolo di Palermo. Scienza e invenzioni, quindi: dallo scippo del telefono inventato autonomamente dagli italiani Meucci e Manzetti, alla bufala del “cronovisore”, che furoreggiò per qualche tempo sui giornali italiani degli anni Settanta. Storia in Rete anticipa quindi un capitolo di un nuovo saggio sulla storia di Fiume e – infine – inizia una collana di articoli dedicati alle figure dimenticate del nostro Risorgimento: prima puntata, Giuseppe Massari.  Tutto questo e molto altro su Storia in Rete di febbraio!

     

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  • On sale!

    L’ora più buia

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    di Anthony McCarten

    Eroe di guerra. Patriota. Ubriacone. Imperialista. Politico. Depresso. Scrittore. Visionario. Aristocratico. Voltagabbana. Pittore. Nel maggio del 1940 queste erano solo alcune delle «credenziali» con cui Winston Spencer Churchill si presentava alla Camera dei Comuni per assumere l’incarico di primo ministro del Regno Unito. La nazione era in guerra da otto mesi e le cose non stavano andando affatto bene. Più che un nuovo capo del governo, il paese invocava un condottiero, e pochi, in quei giorni cupi, avrebbero scommesso sull’ormai sessantacinquenne primo lord dell’Ammiragliato. Bastarono invece quattro settimane perché i sudditi di Sua Maestà scoprissero in lui il grande leader, l’uomo capace di commuovere e spronare, il comandante in grado di salvare l’esercito britannico dalla catastrofe di Dunkerque e di decidere così le sorti del conflitto. Eppure, nei giorni drammatici in cui le inarrestabili armate tedesche si impossessavano dell’Europa occidentale e sembravano pronte a sferrare il colpo finale contro la Gran Bretagna, nella sala del Gabinetto di guerra Churchill meditava seriamente sulla possibilità di avviare trattative di pace con Hitler e con l’Italia. Ma fino a che punto il leader britannico si spinse sulla via di un accordo con le potenze dell’Asse? Fino a un punto pericoloso, come sembrano rivelare i verbali delle riunioni del Gabinetto di guerra conservati presso i National Archives di Londra e rimasti per decenni secretati. In quelle ore fatali di incertezza ed esitazione, Churchill – in contraddizione con la sua immagine pubblica – parve davvero a un passo dal prendere una decisione che avrebbe cambiato i destini del mondo. Perché non lo fece?

    Edizioni: Mondadori | pp. 264

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  • I cinque funerali della signora Göring

    € 18,00
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    di Pietrangelo Buttafuoco

    Un vero romanzo storico che prende le mosse da una passeggiata… Inverno 2012. Uno scrittore cammina tra le rovine di quella che, negli anni Trenta, è stata una delle più belle ville d’Europa, cuore di infinite serate mondane dell’aristocrazia: il Carinhall, la maestosa costruzione fatta erigere da Hermann Göring in memoria della sua prima moglie, la baronessa Carin von Fock. Hermann e Carin si erano conosciuti durante una tempestosa notte svedese del 1920. La neve che avvolgeva Stoccolma in un manto bianco impediva a Hermann di librarsi in volo. La famiglia von Fock era stata felice di offrire alloggio e ospitalità al giovane aviatore, l’erede del Barone Rosso. Uno sguardo, e tra la principessa delle nevi e l’acrobata dei cieli sbocciò l’amore. Poco importava che Carin fosse sposata, che fosse già madre. Hermann la portò via con sé, sfidando sul suo biplano la tormenta e lo scandalo. Arrivarono in Germania, Carin ottenne il divorzio e poterono sposarsi. Erano innamorati e splendidi come dèi della mitologia scandinava, il loro amore divenne “il romanzo del popolo”. Fino all’incontro che avrebbe cambiato la loro vita: Hitler, al cui fianco tentare il colpo di Stato. Ma il Putsch di Monaco fallì e Hermann fu bandito dai patri confini. Cominciò così il loro esilio europeo, che li tenne lontani dalla Germania fino al 1927. Carin, già malata, si aggravò. Si spense nell’ottobre del 1931, quattro giorni prima del suo quarantunesimo compleanno. Hermann, grasso e morfinomane, l’ombra del giovane che l’aveva fatta innamorare, non era con lei…

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