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Home|Comunismo|I Boia. Agli ordini di Stalin

I Boia. Agli ordini di Stalin

€ 18,00

di Nikita Petrov

Ma dietro ogni ordine di Stalin c’erano vari esecutori, i co-protagonisti di questo libro. Quella proposta da Petrov è così soprattutto una galleria di tipi umani decisamente tragica nella sua varietà: c’è il macellaio puro e semplice ma c’è anche lo scienziato esperto in veleni; con loro il burocrate in carriera, l’intellettuale e il giudice con la passione delle esecuzioni da sentenziare e da eseguire personalmente; ci sono le donne, accanite e sadiche esattamente come gli uomini, e c’è il recordman, lo Stakanov delle fucilazioni: Vasilij Blochin; ci sono il politico, il cortigiano pronto a tutto pur di compiacere il Capo e il sadico che ha trovato una divisa, una protezione e delle vittime su cui accanirsi. Ma ogni differenza si annulla alla fine nel comun denominatore che unisce tutti grazie al diabolico mix di carrierismo, di ferocia, di cieca obbedienza e cinismo. 

Mauro Pagliai Editore | pp. 330

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Categories: Comunismo, Novecento, Proposte del Mese Tags: Berija, Cremlino, crimini comunismo, Lubjanka, NKVD, Purghe staliniane, Stalin, Urss
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    di Alexander Werth

    Pubblicato nel 1944, Leningrado doveva essere un capitolo all’interno di un più vasto volume dedicato alla guerra in Russia, ma le straordinarie vicende militari e umane dell’assedio, della difesa e della liberazione della città hanno infine convinto Alexander Werth a realizzare un’opera autonoma da pubblicare il prima possibile. Nato a San Pietroburgo, corrispondente per il «London Sunday Times», Werth è stato l’unico reporter inglese al seguito delle truppe sovietiche in città nel 1943. L’autore riporta dettagliatamente tutto ciò che ha visto e sentito in quei giorni terribili, evitando di trarre troppe conclusioni per permettere ai particolari di parlare da sé nel loro effetto d’insieme. Leningrado è il racconto emozionante di una popolazione unita nella lotta comune contro l’aggressione nazista.

    Edizione: Castelvecchi | pp. 185

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  • On sale!

    Shambhala rossa

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    di Andrei Znamenski

    Molti conoscono Shambhala come la leggendaria terra di felicità spirituale che è situata o in India secondo il Kalacakra Tantra nel buddhismo tibetano o nella catena montuosa dell’Himalaya sotto il nome di Shangri-La grazie al film “Lost Horizon” (Orizzonte perduto) del 1937 di Frank Capra, ma pochi sanno del ruolo che il mito di Shambhala ha svolto nella geopolitica russa all’inizio del XX secolo. Shambhala rossa è il primo libro che racconta la storia di cercatori politici e religiosi provenienti da Oriente e da Occidente che si servirono delle profezie buddhiste per promuovere i loro programmi spirituali, sociali e geopolitici. C’erano persone di diverse convinzioni ed ambienti come Ja-lama e Agvan Dorzhiev, ma tra costoro si annoverava anche un pittore teosofo come Nicholas Roerich, un crittografo della polizia segreta bolscevica come Gleb Bokii, uno scrittore di occultismo con tendenze a sinistra qual era Alexander Barchenko, rivoluzionari e diplomatici bolscevichi come Georgy Chicherin e Boris Shumatsky insieme ai loro compagni di viaggio indigeni Elbek-Dorjik Rinchino, Sergei Borisov e Choibalsan, e infine Roman von Ungern-Sternberg, il sanguinario barone bianco, nemico giurato dei bolscevichi. Il libro di Znamenski è una sfida per tutti coloro che rifiutano di accettare le connessioni tra leggenda e politica. “Shambhala rossa” offre un incontestabile elemento di prova che l’ideologia comunista atea del XX secolo non ha disdegnato di usare un mito buddista tibetano come una sorta di instrumentum regni, cioè uno strumento politico di propaganda: sinistra russa e intellettuali di destra, come pure ricercatori spirituali, si trovarono tutti uniti in un’antica idea di rinascita, sognando una terra egualitaria, una Shambhala rossa, dove un’umanità trasformata potesse vivere in una Nuova Era di pace. L’autore fornisce un’indagine innovativa attraverso la quale siamo fatti consapevoli che il Sacro e Profano possono condividere lo stesso milieu mitico: una lettura obbligata per le persone interessate a quella zona indefinita tra mistica, esoterismo e politica.

     

    Edizioni Settimo Sigillo| pp. 302

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    di Alexandra Orme

    La vera storia dell’avanzata delle truppe sovietiche in Ungheria vista da una polacca sposata a un ungherese. Sperava ardentemente di essersi liberata della violenza e dei soprusi che avevano caratterizzato l’occupazione tedesca, finalmente terminata. Si sbagliava… Ma da questo sbaglio è nato un diario lungo poco più di tre mesi (da fine dicembre 1944 a fine marzo 1945) dove con ironia la Orme descrive personaggi e situazioni con grazia, umorismo e una acuta capacità di osservazione che non risparmia né il singolo fante né l’alto ufficiale. Assassini, predoni, cantanti e poeti, arroganti e timidi, ladri e sognatori, generosi e distratti, sporchi e fanfaroni. E’un’interminabile galleria umana quella che offre l’Armata rossa che sta conquistando mezza Europa e che nei giorni del diario è impegnata nella dura battaglia per Budapest (il secondo scontro cittadino più lungo e sanguinoso della Seconda guerra mondiale dopo Stalingrado). Una lettura drammatica e divertente assolutamente consigliata.

    Pseudonimo di Litka de Barcza (1910-1975) Alexandra Orme nasce a Varsavia, cresce in Polonia, Svizzera, Germania e Inghilterra, si sposa nel 1944 con un ungherese che entra nel mirino della Gestapo. Nel dopo-guerra, questo suo libro, noto soprattutto nell’edizione inglese Comes the Comrade, è stato un best seller internazionale.

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